L’azione strategica “MANAGERIALITÀ FEMMINILE – Strumenti di analisi per lo sviluppo di nuovi modelli di governance nelle imprese italiane” realizzata da Fondirigenti con il contributo di Federmanager e Confindustria Emilia-Romagna, Formindustria, insieme a Nomesis, Cis Unindustria Reggio Emilia, Forpin, Cisita Parma, Nuova Didactica, Fondazione Aldini Valeriani, Assoform Romagna e Il Sestante Romagna in qualità di partners progettuali, si pone l’obiettivo di cercare di individuare le dinamiche favorevoli o bloccanti la costruzione di un contesto aziendale women friendly e quali azioni di miglioramento si possono mettere in campo.
La prima fase del progetto è stata orientata a:
- analizzare l’attuale situazione rispetto alla prospettiva di genere per individuare le condizioni che ostacolano lo sviluppo della managerialità femminile e dell’efficienza della qualità produttiva e socioeconomica ad essa connessa;
- analizzare il livello di percezione delle donne Manager rispetto alle possibilità di assumere ruoli manageriali, la loro percezione di efficacia, la consapevolezza del loro talento e del loro potenziale, riducendo il rischio di mancato empowerment di sé;
- analizzare a livello Europeo dei business model di Diversity & Inclusion collegati al Bilancio di Sostenibilità di successo che valorizzano la presenza femminile nei sistemi di governance e delle imprese.
È stata dunque realizzata una ricerca desk grazie ad un focus group internazionale online che ha visto la partecipazione di partners internazionali individuati in quanto rappresentanti di distretti industriali affini alla regione Emilia-Romagna, in Francia, Spagna e Svezia. Successivamente, sulla base di quanto emerso dal focus group internazionale, è stata sviluppata una scheda di raccolta di buone pratiche che ha permesso di raccogliere otto pratiche ritenute eccellenti dai partner internazionali coinvolti.
LA PARITÀ DI GENERE IN EUROPA: A CHE PUNTO SIAMO?
Stando alla più recente edizione del Global Gender Gap Report (2023), predisposto annualmente dal World Economic Forum, la situazione europea per quanto riguarda la parità di genere è attualmente la migliore tra le regioni del mondo, superando anche il livello di parità complessiva dell’America del Nord.
La Tabella 1 presenta il ranking, relativo all’area europea nel 2023, in base al punteggio complessivo del Global Gender Gap Index. L’indice varia da 0 a 1, dove 1 indica la completa parità. Le posizioni nel ranking globale e tengono conto del posizionamento dei paesi di aree extra-europee (qui non considerati).
Un ulteriore indice particolarmente rilevante per esaminare la parità di genere in Europa è quello sviluppato dall’Istituto Europeo per la Parità di Genere (EIGE). L’indice è disegnato in linea con l’approccio concettuale della strategia europea del Gender Mainstreaming e pertanto particolarmente utile anche nell’ambito della valutazione delle politiche di genere. EIGE pubblica ogni anno il report sulla parità di genere in Europa dove, oltre ad alcuni approfondimenti tematici specifici, propone in dettaglio la situazione dell’Unione e dei paesi europei sui progressi nell’ambito della parità di genere sulla base dell’indice di parità di genere calcolato annualmente.
Come mostra la Figura 2, a livello complessivo il punteggio raggiunto dall’Unione Europea nel 2023 è pari a 70.2, con un leggero miglioramento rispetto all’anno precedente (68.6). Se nella dimensione della Salute e del Denaro i livelli di parità sono migliori, mentre la disparità di genere è rilevante soprattutto per quanto riguarda il Potere (che comprende il potere nell’ambito economico, politico e sociale; 59.1), dell’Istruzione e conoscenza (che comprende indicatori sulla partecipazione nei percorsi di educazione terziaria e segregazione dei percorsi educativi; 63.6) e l’utilizzo del tempo (tempo libero, tempo di cura; 68.5).
In prospettiva comparata, i Paesi dell’Unione Europea si distinguono notevolmente per i livelli di parità di genere raggiunti, variando dai punteggi più elevati di Svezia (82.2), Paesi Bassi (77.9), Danimarca (77.8) e Spagna (764), a quelli molto più bassi di Romania (56.1), Ungheria (57.3), Cechia (57.9), Grecia (58). Queste differenze sostanziali, come precedentemente anticipato rispecchiano i percorsi storici, politici, economici e culturali di questi Paesi che inevitabilmente si riflettono nello sviluppo di culture di genere ed elementi strutturali che hanno definito e, nei loro differenziati processi di cambiamento, continuano a definire il contesto di opportunità per donne e uomini.
QUALI SONO GLI ELEMENTI WOMEN-FRIENDLY PIU’ DIFFUSI NELLE ORGANIZZAZIONI EUROPEE?
ll concetto di “women-friendly” nei modelli di business si riferisce a iniziative e approcci progettati per supportare le donne nell’ambiente lavorativo e promuovere la parità di genere. Queste azioni, che diventano fondamentali non solo per una ricaduta positiva sull’equità delle opportunità di realizzazione personale ma anche sullo sviluppo del potenziale organizzativo, sono elementi chiave anche per lo sviluppo di contesti fertili per lo sviluppo delle leadership femminili.
LE STRATEGIE MESSE IN CAMPO DALLE ORGANIZZAZIONI per rendere i propri contesti maggiormente women-friendly tendono ad agire soprattutto sugli aspetti strutturali al fine di rendere l’ambiente organizzativo maggiormente supportivo e predisposto al riconoscimento dei talenti femminili.
Possiamo identificare gli ELEMENTI CHIAVE che caratterizzano un’organizzazione “women friendly” con:
- peer mentoring
- imprese al femminile
- formazione ai ruoli di leadership
- salari equi e competitivi
- flessibilità oraria e telelavoro
- supporto per lavoratori e lavoratrici con figli
- Mobilità, trasporti
Il tema dei congedi parentali usufruiti dai padri è stato un tema approfondito: i paesi europei si differenziano molto in questa misura passando dai 10 giorni obbligatori dei padri italiani ai 195 dei padri svedesi.
Le BUONE PRATICHE segnalate dal focus group sono riconducibili a due principali aree di intervento:
1) Pratiche che supportano gli sforzi individuali e sviluppo potenzialità: Politiche di welfare a favore della genitorialità, maternità, congedi parentali extra legge; Organizzazione del lavoro flessibile; Azioni volte a sviluppare l’empowerment: formazione manageriale; Politiche per attrarre e promuovere talenti femminili; Attività per lo sviluppo e la mentorship di donne dall’elevato potenziale; Presenza di donne mentori; Progetti per la crescita professionale e la leadership.
2) Pratiche che agiscono soprattutto sui processi organizzativi: Diffusione di role model affinché le donne in posizioni apicali diventino a loro volta modelli di riferimento per altre donne e per le imprese stesse; Politiche per l’eliminazione del divario salariale; Iniziative per aumentare la consapevolezza del valore della diversità; Procedure organizzative che garantiscano la parità di genere nei vari processi aziendali (assunzione, valutazioni, sviluppo di carriera ecc.).
Nelle aziende multinazionali è molto più frequente individuare una strategia multidimensionale delle politiche di genere: ne vengono attuate molteplici, coprendo entrambe le aree; è in genere presente una figura nelle Risorse Umane con funzione specifica su Diversity&Inclusion; vengono intraprese delle azioni di monitoraggio. Nelle aziende italiane si nota un accento maggiore nell’area del supporto agli sforzi individuali, con politiche attuate nell’ambito del welfare, della flessibilità oraria e della conciliazione dei tempi. Questo perché probabilmente il percorso di evoluzione delle politiche di Diversity&Inclusion è più incentrato a far entrare e restare le donne nel mercato del lavoro che a farle crescere sviluppando potenziale, dall’altro può essere anche il sintomo del bisogno di conciliazione delle responsabilità familiari e lavorative insoddisfatto dai servizi e dalle politiche nazionali.
L’ambito della formazione alla managerialità, ai percorsi di crescita professionale e del peer mentoring sono comunque aspetti ancora da potenziare non solo in Italia, ma anche nelle altre realtà.
Le BARRIERE di genere alla leadership e managerialità femminile possono avere natura e forma diversa e sono rintracciabili in tre livelli. Gli input forniti dall’indagine desk e dal focus group si rivolgono a tutti questi 3 livelli:
- LIVELLO MACRO, della società nel senso più ampio con le culture di genere prevalenti, la socializzazione al genere tipica dei diversi contesti nazionali, le strutture di opportunità definite nazionalmente (percorsi di istruzione, politiche di welfare, lavoro e famiglia, leggi, etc.). I contesti nazionali europei si differenziano molto dal punto di vista della parità di genere, offrendo delle opportunità e legittimando modelli di ruolo di genere in modi ben diversi tra un paese e l’altro. Intraprendere un percorso professionale ambizioso e con ruoli di leadership in un contesto culturale dove le politiche di welfare, lavoro e famiglia sono improntate su modelli famigliari male-breadwinner e dove le donne in posizioni apicali sono un’estrema rarità, è molto più difficile che in contesti dove questi ruoli sono culturalmente più accettati e le politiche nazionali sono disegnate in modo meno familista e legittimanti il doppio ruolo dei lavoratori padri e delle lavoratrici madri.
Italia, Spagna, Francia e Svezia sono accomunati dal fatto che il divario di genere più grave è nell’ambito dei processi decisionali, così come il divario salariale resta un problema comune. Nei paesi in cui la presenza delle donne nei processi decisionali ha fatto un notevole balzo in avanti (compresa l’Italia), è significativo sottolineare che questo si mostra in concomitanza di leggi ad-hoc volte al riequilibro di genere nei ruoli decisionali in determinate organizzazioni. - LIVELLO MESO, delle organizzazioni – a loro volta con le proprie culture di genere, politiche e pratiche, fatte anche di dinamiche relazionali.
Tra le barriere di genere alla managerialità che si possono riscontrare nelle organizzazioni, è stato fatto riferimento alla mancanza di trasparenza nelle opportunità di carriera in azienda, con il fatto che spesso è poco chiaro se certe posizioni siano effettivamente accessibili o meno; ai bias nei comitati di selezione dei board; alla mancanza di mentoring (soprattutto peer mentoring) ritenuto invece un elemento fondamentale per la crescita manageriale delle donne; alla persistenza di una cultura organizzativa maschile; all’esclusione dai network informali; alla disparità salariale. - LIVELLO MICRO, quello individuale, in cui meccanismi psicologici di introiezione di stereotipi fanno che sì che le donne si auto-limitino nelle proprie potenzialità.
Gli stereotipi di genere sono cruciali nel limitare il pieno potenziale delle donne: incidono nell’ambito sociale più ampio, in quello del nucleo famigliare e lavorativo, ma anche a livello individuale portando in alcuni casi le donne a non immaginare possibile un ruolo che disattende le tradizionali aspettative di genere. , spesso questo sistema di stereotipi può portare le donne a ridimensionare le proprie ambizioni e camuffare le proprie competenze e abilità per non essere stigmatizzate o per non evitare che le vengano assegnati compiti ad alto rischio di fallimento. Da questo punto di vista, azioni volte a sviluppare l’empowerment attraverso la formazione manageriale possono diventare strategiche anche per lavorare sulle barriere auto-imposte, agendo loro fiducia nella propria auto-efficacia, aumentando sempre di più la congruità tra i ruoli di leadership e i ruoli delle donne.